Durante uno degli incontri a Cantine Coli per definire il brief sulla realizzazione delle etichette era presente un art Director, di lunga esperienza nel settore vitivinicolo e delle bevande in generale. La discussione si è animata intorno al concetto di quanto la forma possa influenzare il contenuto che da parte di molti dello staff di Cantine Coli sembra assodata intorno all’idea che se un prodotto è buono ( come normalmente deve e dovrebbe essere) il più è fatto.
Come è evidente dal ruolo che ricopre l’art director nella progettazione di un packaging – e la bottiglia del vino nel suo complesso è da ritenere a tutti gli effetti un packaging- secondo il punto di vista del pubblicitario è quasi vero il contrario. O almeno ritiene che la forma dell’oggetto, cioè l’etichetta, i colori, il lettering e la capsula siano in grado di ‘condizionare’ moltissimo le scelte del cliente finale. E su questo la dirigenza di cantine Coli non era esattamente in sintonia.
Ecco come l’art director ha motivato la sua presa di posizione. Ha portato ad esempio il lavoro da lui svolto per un lungo periodo per una notissima marca di caffè napoletana. In quel caso il suo lavoro era legato alla progettazione di un nuovo packaging. Alcuni dello staff di Cantine Coli hanno fatto notare che anche se si tratta di bevande non è esattamente la stessa cosa il vino ed il caffè, ma hanno accettato l’idea che si potesse trarre delle indicazioni utili.
In pratica al momento della progettazione della nuova confezione di caffè l’Art Director in questione dice di aver avuto delle ricerche di mercato, commissionate dall’azienda torrefattrice, che in un certo modo analizzavano il modello di comportamento del consumatore davanti a tre o quattro tipi di confezioni di caffè.
Si trattava di ricerche di mercato di tipo qualitativo, svolte da una società milanese molto importante, e quindi anche accurate e come è noto anche molto costose proprio perché vanno ad indagare quali sono i modelli comportamentali dei consumatori attraverso un focus group guidato da un esperto psicologo. Le ricerche come si è appurato a cantine Coli quasi mai svelano al consumatore chi è il committente per non influenzare le risposte.
In sintesi cosa avevano detto i consumatori? Che poi è quello che interessava sentire alla dirigenza di Cantine Coli: associare il rosso della confezione, ad un lettering tipo bold molto massiccio, con spigoli e senza grazie, alla scritta caffè napoletano suggeriva – indipendentemente dall’assaggio – l’idea che il caffè fosse ‘fortissimo’. Come spiegava l’art director in realtà il caffè era ( ed è ) in buona sostanza uguale qualitativamente a tutti gli altri, quello che cambia è il grado di tostatura. Quindi i consumatori di caffè del nord italia erano poco propensi all’acquisto del caffè napoletano perché ‘a prescindere’ visto come si presentava secondo loro era troppo forte e non li faceva dormire. Tutt’altra cosa quando si è trattato di intervistare potenziali consumatori a centro o a sud Italia.
Altre confezioni come ad esempio della nota marca di caffè triestino, con una confezione argentata, tutta rotonda e dalle forme femminili suggeriva al consumatore tutt’altro tipo di sensazioni: in quel caso il caffè all’assaggio risulta morbido, dal gusto delicato e rotondo.
Questo per dire che – come sottolinea l’art director alla direzione delle Cantine Coli – in effetti la nostra mente viene molto influenzata da ciò che precede l’assaggio, com’è nel caso del sommelier che al momento della presentazione di un vino evoca determinate suggestioni che poi ‘inconsapevolmente’ siamo più portati a sentire e scoprire, e quindi ad attribuirgli un valore. Storia questa del comportamentalismo, e del ramo della psicologia che si occupa di queste dinamiche, che è sempre stata alla base dello studio dei fenomeni di consumo, soprattutto con l’avvento dei mercati moderni e con la diffusione della grande distribuzione organizzata.
Qui, come poi si è chiuso il discorso in quell’incontro a Cantine Coli, entrano davvero in ballo quelle pulsioni che spingono alla scelta di un determinato vino su uno scaffale in base alla forma della bottiglia, dell’etichetta, dei colori della stessa, dei simboli etc etc … E pensare che tutta questa storia del comportamentalismo è cominciata dallo studio di un russo di nome Pavlov che si era messo a studiare come gli animali – cani, gatti, scimmie – ed il loro comportamento davanti a certi stimoli … come si è poi visto passare dallo studio del comportamento degli animali all’uomo è stato un attimo …